Se mio fratello ottiene un buon risultato, il meno che possa fare è porgergli i miei complimenti sinceri, enfatizzando il suo risultato; contemporaneamente non mi aspetto che mi prenda in giro vantandosi di un successo che io non ho avuto.
Perché siamo fratelli: oltre all’affetto, siamo chiamati a farlo per una delle autoevidenti ragioni di solidarietà umana.
Bisognerebbe che tutti i tifosi di calcio si ricordassero di quando berciano le primissime parole dell’inno nazionale, pronti come sono a scagliarsi invettive, sfottò, perché una squadra ha vinto o perso.
Lo spirito sportivo implica rispetto per l’avversario di un incontro, tanto più se ne dovrebbe per una rivalità indiretta, magari con dei concittadini.
Ma i tifosi non sono sportivi.
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