“Mi cade l’occhio…”. No, in realtà lo sguardo era rivolto in alto e mi è finito sopra l’Agnello di Dio. S’archivia in un baleno, come sempre, ogni richiesta e non rimane che un pensiero, o un tentativo di pensiero a chiarire che ci sto io a fare in quella storia. Storia di un’ecatombe sotterranea di innocenti privi di fascino e speranza, storia che mi lascia estraneo, certamente sollevato ma perplesso: se non posso nemmeno far parte delle vittime, che ci sto a fare in questo limbo, privo di un ruolo, ad aspettare una morte che fra cinquant’anni sarà dimenticata, e una vita che si dimentica già vivendola?
Mi ritrovo senza nemmeno una ragione per guardare, nulla di cui pensarne. Ma se ne sono lieto, seriamente prendendo il “non ti farai immagine”, resto ancora sospeso, l’assenza di punti d’appoggio mi fa tosto cadere nella fisicità più prossima e riprendo attività consuete senza altro stimolo che l’abitudine a divertirmene. Anche il pigiar di tasti, evaporata l’impressione, mi gratifica più per il cliccare che per le lettere e il loro significato, così le metto giù come chi dice, al mattino: “Ho fatto un sogno e mi sembrava bello” ma non gli pare ormai nemmeno sensato.
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