Sono fatti come questo, a farmi sentire il fiato della morte sul collo. O forse è sentire il fiato della morte sul collo a farmi venire in mente certe cose.
Ho un disco da decenni; ero un ragazzo quando lo comperai, un adulto quando lo digitalizzai e ora, che sono alle soglie della pensione, ancora lo ascolto.
Mi è venuta in mente una stanza che non esiste più… le pareti forse ci sono ancora, ma neppure quelle riconoscibili. Un giradischi ora sicuramente sepolto in qualche discarica. L’ascolto fruttifero, per la prima volta, di musiche antiche a piegare le mie orecchie abituate ad accordi più semplici; cosa avvenuta mentr’ero solo, come quasi tutte le impressioni importanti.
E l’ascolto di quelle stesse musiche con tre ragazzi che venivano a trovarmi, quando ero all’istituto Don Gnocchi a Milano, tanto da associare i due casi inscindibilmente. Essi che venivano a trovare proprio me e passammo diversi pomeriggi a suonare o passeggiare nel quartiere o chiacchierare. Ripensandoci, prendevo certe occasioni con naturalezza, come se fossimo stati vicini di casa o compagni di scuola mentre era una cosa diversa: io non seppi mai come fossero giunti alla decisione di entrare là dentro, trovare qualcuno che gradisse (l’avrebbero gradito un po’ tutti), scegliere il sottoscritto. Suonacchiavamo un poco, un poco ascoltavamo.
Tre ragazzi simpatici e tranquilli di cui non sapevo nulla, che ad un certo punto non vidi più per una serie di combinazioni. Loro stessi non dovettero sapere molto di me perché le vite rispettive, che io ricordi, non erano nemmeno alla periferia dei nostri discorsi.
Ora sono ultrasessantenni e io mi sono perso le loro vite, oltre alla mia. Fanno parte anch’essi di tutto un passato che non esiste più, troppo tardi per dir loro un ‘grazie’ tardivo e perciò inutile. Mi domando se un microscopico segno del genere avrebbe potuto aiutare uno di loro, una omeopatica dose di soddisfazione non avuta. L’esperienza di ciò, e il tempo sufficiente a metterne in pratica l’insegnamento; ma per trarre frutto da ogni errore, mi servirebbero molte vite.
Quel giorno di ascolto solitario, il liuto elisabettiano mi aiutò al successivo ascolto di Mahler… vabbe’, sono fatto così… e oggi, nella selezione casuale delle musiche, praticata da un pc, di nuovo John e Gustav si sono mescolati, e vattelappesca se ciò significa qualcosa.
No. Credo di non avere arricchito che una piccolissima parte dei miei contatti, che ho invece quasi sempre appesantito. Ma vabbe’, oggi va così 🙂
Alcuni fanno delle belle cose senza aspettarsi nulla in cambio e poi hai mai considerato che lo stare con Te, per come sei, sia già di per sé una soddisfazione e un arricchimento?? Ciao