Per cosa, gli italiani di oggi, sarebbero disposti ad affrontare la morte?
Per liberarsi da un’occupazione straniera, difendere il diritto di voto o la libertà di espressione? Non oso nemmeno parlare di garanzie per gli svantaggiati o diritti delle minoranze.
Ben si sa da tempo che una massa fa scambio volentieri di libertà astratte per concreti panem et circenses. Su tali elargizioni contano dittature e populismi. Il detto “Con Francia e Spagna, purché se magna” esprime una diffusa mentalità.
Oggi in Iran, dopo diversi decenni, si sente intollerabile quanto sopportato finora; hanno stretto i denti ma adesso le mascelle dolgono. Non altrettanto accade in Afghanistan, nonostante qualche accenno. In Bielorussia si è parlato di manifestazioni fino all’invasione dell’Ucraina, dopodiché sono scomparse, non so se dalle piazze o solo dall’attenzione dei nostri disinformatori.
Le tante attestazioni di solidarietà nei confronti delle donne iraniane, le preoccupazioni per la democrazia nel mondo, secondo me, toccano solo poche persone, tutte le altre che risentono in varia maniera dell’individualismo che fa apprezzare la privata sicurezza a costo di qualunque catena da sopportare.
È la famosa storia della rana che viene bollita viva: basta alzare la temperatura molto lentamente. La libertà può essere sottratta a dosi in apparenza molto piccole, o solo a pochi per volta (“prima vennero a prendere…”), finché gli astenuti per principio, gli agnostici per comodità, gli arrangiati di professione non si vedranno comprimere gli spazi, ma ormai è tardi. Da quel momento si potrà solo sperare che i cambiamenti fisiologici della Storia non rendano impraticabile lo status quo; ci saranno molti martiri e il movimento ricomincerà, sperabilmente non guidato da massimalismi che in definitiva sono solo l’altra faccia del baratro.