Adamo

Bastò una constatazione: di scoperta e di perdita.
La raccontò lui o, perlomeno, fu la sua versione a essere tramandata.
Uno sguardo levato a riconoscere l’esistenza intera al di là dei confini biologici, unicamente interessati all’ordinaria sussistenza. La capacità di dar nomi alle cose, nomi che poi non poteva riportare a nessuno.
Incontenibile entusiasmo: simile alla furia di artisti e ricercatori, perpetuamente infastiditi dall’altrui mediocrità, ma quanto maggiore la mediocrità di scimmie!
E sofferenza, certo. Sentire che c’è un regalo e non sapere qual sia, che c’è una facoltà, ma non saper di cosa.

Costantemente pure soffrire la perdita del proprio nido, lontananza dagli affetti naturali. Tanto maggiore l’impressione di ricevere da fuori, da sopra, da oltre, un sentire in apparenza non fisico, il suo corpo apparendo identico agli altri.
Quante volte avrà patito una percezione per cui non aveva parole, come in fondo anche oggi mancano. Quante volte avrà creduto d’essere stato toccato a suo danno per un capriccio di chissà chi, neanche degnatosi di dargli spiegazione. Da qui il duplice senso del sacro, di cosa da venerare o da sterminare.

Quale non dev’essere stata la sorpresa, a trovare Eva.
“Ecco infine qualcosa a me simile!”. Come dicevo, ci è riportata la sola reazione di lui: finalmente il brutto anatroccolo si trovava confermato: “Ma allora, non sono poi così sbagliato!”. In lei trovava la sua giustificazione, sua sorella e portatrice della stessa anomalia, finalmente poterne fare discorso con parole nuove a cui la comune esperienza dava significato.
Nell’eccitazione si saranno esplorate ipotesi premature, ci si sarà avventurati incautamente, come i bimbi quando imparano a correre? Nessuna mamma a baciare un ginocchio sbucciato.
Poveri giovani, troppo entusiasti e malaccorti, quanto poco dovette passare perché i loro giudizi, prima diffusi all’intera creazione, si rivolgessero a loro? Novità di pensare sé stessi, come uno specchio nella loro coscienza. Ora gli specchi erano due: quello interiore e l’altro di fronte, che rimandava però un riflesso sempre leggermente diverso, con differenze che si amplificavano a ogni rimando.

È così che la loro scoperta, dopo la conquista, si mutò in perdita.
Tanto che non è così facile capire chi abbia proposto la scelta devastante, in apparenza la semplice espansione di quel nominare, cioè definire, in cui si erano dilettati.
Si può definire qualcosa solo in relazione ad altro. Fu un attimo e partì l’enumerazione dei difetti: questo ha quattro zampe e quello solo due; questo vola e quello no. Lo specchio, ora maledetto, riportò su di loro le mancanze di tutto il creato ed essi si sentirono insopportabilmente mancanti. Poi la relazione, sempre ambigua, fece il resto e cominciarono a indicarsi le carenze rispettive.
Erano nudi di fronte a un mondo che nel darsi aveva assunto, ai loro occhi, un tono di rimprovero ed essi si vergognarono: che i loro corpi non fossero all’altezza delle loro idee, di aspettative sempre un dito al di sopra dei fatti. È cosa replicata nelle generazioni successive: si usa un sasso, ma lo si poteva scheggiare meglio; si fa preda, ma altra è fuggita; si semina, ma scarso il raccolto; si genera, ma quanta fatica!
Una generazione dopo l’altra, la delusione di Adamo avrebbe acquisito sempre maggiori dettagli.

Intanto Caino assistette a litigi che i suoi cugini, stanziati poco distante, non conoscevano. Crebbe preparandosi in conformità.

Pubblicità

Informazioni su ribaldi

Uno che evidentemente ha ancora tempo libero...
Questa voce è stata pubblicata in Cogitazioni e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.