La Ville Lumière; così i parigini amano definire la loro città. E quest’anno, parbleu, hanno deciso che bisogna esagerare. Vie illuminate che il sole si vergogna; profluvio di colori che Cézanne scansati proprio.
Sì, lo riconosco; e chi non potrebbe? C’è bisogno di bellezza, perfino di esagerazione. C’è bisogno di rivendicare una qualche grandeur, fosse anche solo quella dell’anelito a godere; di ricordarsi che, se infine si vincerà il Male, lo faremo con la collaborazione imprescindibile della bellezza.
Così, dopo avere brontolato l’arcigno ideologo, il puntiglioso censore che ho dentro stava per fare retromarcia, ma non ce l’ha fatta.
Perché una critica si deve: ogni anno si fa “M’illumino di meno”, una giornata in cui le luci vengono ridotte per ricordarci, e ricordare al mondo, che le risorse bruciate non ritornano; che bisogna ridurre i consumi.
All’inverso puntualmente, per Natale, quando cioè da vari giorni abbiamo superato il limite sperabile di consumo annuale delle risorse energetiche, tutto sembra dimenticato e si pigia sull’acceleratore dello spreco.
In nome di una festa di cui sembrano pochej a ricordare il motivo.
Non c’era anno senza almeno un film che descriveva ammucchiate di parenti-serpenti e ora sembrano tutti disperati per non poter fare cenoni.
Alla televisione continuano a dirci che la gente ha paura, mentre invece tutti si lamentano di non poter girare qua e là.
Ben pasciuti critici si fingono la voce di tante persone senza guadagno, quegli stessi critici di ogni intralcio al vendere e al commerciare, chissà a chi, con quali soldi: forse dovremo, noialtri privilegiati, e qualcuno dice colpevoli, detentori di un reddito, spendere al di là d’ogni forza per sostenere gli eroi odierni, chi commercia e imprende, a costo di contagiarci tutti e immolarci alla loro divinità.
Così illuminiamo, sì.
Immaginiamoci un presepe pieno di effetti speciali, per dimenticarne l’originaria povertà.
Cerchiamo occasioni di altro stordimento, per dimenticare la pochezza a cui sono ridotte le vite fatte di apparenza.
Pensiamo alla festa, chissà quale, e non ai problemi del mondo; mentre il territorio frana, l’acqua ci travolge, la cattiveria dilaga, l’ignoranza alza la testa. Uno spettacolo simile all’orchestra sul Titanic della quale raccontarono, ma non era vero, che continuò a suonare mentre la nave affondava.
Accechiamoci di luminarie, per non vedere più nulla.
Se due fratelli, francesi anch’essi, portarono il mondo fin dentro le nostre case, usiamo quello stesso mezzo per tenercene fuori. Lasciamo che la mitologia del ventunesimo secolo ci mantenga nella pretesa schizoide di acquistare la pentola d’oro alla base di un arcobaleno che, inesistente, non può farci sperare che il diluvio stia lontano.