Ma sì, diciamolo…

“In questa situazione, diciamo, difficile, è capitata una cosa, diciamo, strana: le pratiche, diciamo, correnti vanno controllate per vedere, diciamo, i problemi nella valutazione, diciamo, dei criteri per la, diciamo, graduatoria finale…”

Eccetera eccetera eccetera.

Non so se ci avete fatto caso: nei discorsi correnti, come alla televisione, l’uso di quella ripetuta parola è debordante. Al punto di rendere ancor più pesanti frasi già contorte.

Due cause comuni: sciatteria e autoindulgenza.

Nel penoso mio esempio, possiamo immaginare che chi parla non ritenga sufficiente l’uso di aggettivi come ‘difficile’ e ‘strana’, effettivamente troppo generici benché adeguati. Che le pratiche siano ‘correnti’ è un dato di fatto, non c’è da discutere; dopo ‘valutazione’ abbiamo un vero tic verbale senz’altro motivo, mentre che una ‘graduatoria’ sia tale non è materia di discussione. Quindi possiamo intendere che anche i primi due tic non siano dovuti a scrupoli terminologici ma alla cattiva abitudine.

Sciatteria. Se ritieni che il tuo eloquio sia manchevole, parla possibilmente con più lentezza per darti il tempo di trovare termini migliori. Se non te ne ritieni capace, non è assolutamente un problema: ognuno deve poter esprimere, con onestà e serietà, il proprio pensiero; qui non si parla di difetti cognitivi che possano rendere inattendibile ciò che è detto.

Però, l’uso continuato di quella parola mi sembra indichi che la genericità delle proprie espressioni, quando non l’imprecisione, siano abituali e non si intendano emendare.

Così si arriva all’autoindulgenza. Si accoglie la cognizione della propria manchevolezza con un interiore sorriso, al modo delle paroline buffe escogitate dai bimbi, dei loro razionali e ingenui fraintendimenti. Senza alcuna intenzione di correggerli, per istruirli, mantenendoli in tal modo nel loro stato di pupazzetti divertenti, ma essi in realtà non si sentono così, anzi sono affamati di apprendere.

Ci si propone come simpatici, quali non si è.

In fondo non si ritiene grave l’uso di termini imprecisi, e anzi ci se ne compiace. Non vorremo mica atteggiarci a sapientoni… salvo poi essere di quelli che si risentono a ogni critica. Come: ti permetti di criticare, io che sono tanto simpatico?

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Uno che evidentemente ha ancora tempo libero...
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